La letteratura italiana: Carlo Goldoni

La letteratura italiana: Carlo Goldoni

Ciao! Sono Maria Chiara di ita_ecco e questo è il mio podcast sulla letteratura italiana: dieci puntate per diversi autori.

L’autore che conosciamo oggi è un nome di spicco della letteratura e della vita teatrale del XVIII secolo: Carlo Goldoni.

Carlo Goldoni è uno scrittore del canone letterario italiano: infatti lo studiamo a scuola, leggiamo brani dalle sue commedie e li commentiamo con i professori, perché lui è stato l’innovatore del teatro, colui che ha creato la commedia in prosa come la conosciamo oggi.

Carlo Goldoni nasce nel 1707 a Venezia da una famiglia borghese, e da giovane viaggia molto con il padre, che fa il medico ed è sempre in cerca di una stabilità economica. Studia legge tra il 1723 e il 1725 a Pavia, ma viene cacciato per aver scritto un componimento satirico. Seguono anni di spostamenti su e giù per l’Italia fino alla morte del padre, nel 1731, che lo costringe a finire gli studi per prendersi cura della madre.

Una volta ottenuta la laurea, inizia a lavorare come avvocato, ma la sua vocazione per il teatro si è ormai già manifestata, e per questo decide di unirsi alla compagnia del capocomico Giuseppe Imer di Verona. Per lui scriverà commedie da rappresentare al teatro veneziano di San Samuele. Queste prime prove sono varie nel genere, nel senso che produce commedie, drammi, intermezzi (cioè atti unici), ma poco originali nel contenuto. Sono anni però importanti, perché Goldoni si rende subito conto del bisogno di modernizzare il teatro: attraverso piccoli passi inizia la sua riforma della Commedia dell’Arte, che porterà avanti tutta la vita.

A questo punto bisogna spiegare cos’è la Commedia dell’Arte e in che modo Goldoni è riformatore e anticipatore di ciò che poi avverrà per tutte le produzioni letterarie.

Seguendo la tradizione del teatro classico, le commedie rappresentavano tipi o caratteri fissi (l’avaro, il geloso, il burbero), non c’era un testo scritto da imparare a memoria, ma si usava un canovaccio, cioè una bozza della vicenda, e gli attori ogni volta improvvisavano le loro battute. Spesso si indossavano delle vere e proprie maschere sul volto. Questo ha fatto sì che le rappresentazioni teatrali diventassero prevedibili.

Goldoni, venendo da Venezia, che aveva una grande cultura teatrale e un ceto borghese e mercantile molto attivo, capisce che ci serve altro per soddisfare il gusto del pubblico, e che ogni persona è diversa, perciò rappresentare tipi fissi non basta più. Grazie all’ambiente in cui è vissuto, ma grazie anche ai suoi molti viaggi, ha capito che, per esempio, il tipo del geloso prende vita diversamente nel nobile e nel contadino, nel giovane e nell’anziano. Perciò, secondo lui, c’è bisogno di dare carattere e profondità a ciascuno dei personaggi, che diventano più interessanti della vicenda stessa.

In questo, Goldoni anticipa quello che succederà nel 1800 con tutti i generi letterari. Il teatro infatti subisce in anticipo le leggi del mercato, perché lo spettatore paga, e perciò il proprietario del teatro e il capocomico hanno interesse ad accattivare il pubblico, a rappresentare ciò che a lui piace, che lo diverte perché ci si rispecchia.

Goldoni capisce ancor di più questo quando, nel 1748, conosce a Livorno il capocomico Medebac, che gli fa un contratto: Goldoni deve scrivere 8 commedie all’anno dietro un salario fisso. Quindi diventa un vero e proprio impiegato della sua arte. Lavorerà per la compagnia di Medebac fino al 1753 e scriverà moltissime commedie, per esempio La bottega del caffè. In questo anno decide però di lasciare la compagnia per questioni economiche e va al teatro San Luca, di Vendramin.

Qui vive un periodo difficile, soprattutto per la rivalità con Pietro Chiari, un altro commediografo. Inoltre, molti criticano le riforme attuate da Goldoni, in nome di un teatro più vicino alle leggi classiche.

Nel 1762 Goldoni viene invitato a lavorare a Parigi presso la Comédie Italienne, dove incontra – anche questa volta – problemi. Il pubblico francese è ancora legato alla Commedia dell’Arte e non accoglie bene le novità del nostro commediografo. Ma lui nel 1771 scrive una commedia in francese, Le bourru bienfaisant (il burbero benefico) che piace. Viene assunto come maestro di italiano delle figlie del re, ma allo scoppio della rivoluzione nel 1792, gli viene tolta la pensione, in quanto concessa dal re. Muore in miseria nel 1793.

Tra le sue commedie più famose e importanti ci sono Momolo Cortesan (1738), La donna di garbo (1743), La buona moglie (1749), Il campiello (1756) e molte altre. Sicuramente, però, la più letta e conosciuta è la commedia La locandiera, del 1753.

Questa commedia ha come protagonista, appunto, la proprietaria di una locanda, dove si fermano a dormire tre uomini di estrazione sociale diversa (un marchese, cioè un nobile decaduto; un conte che ha acquistato il suo titolo, e un cavaliere misogino) e due comiche di professione, Ortensia e Dejanira.

Mirandolina, la locandiera protagonista, decide di sfidare se stessa e di sedurre il cavaliere, che ha dichiarato di odiare le donne e di starne alla larga. Da qui nascono molte scene comiche che sviluppano tanti temi, fino al lieto fine della commedia.

Quest’opera è subito piaciuta al pubblico, anche se forse non ha acceso gli animi: siamo nel pieno della riforma di Goldoni, perciò forse è stata percepita come troppo moderna. Sebbene, infatti, Mirandolina rispecchi molto il tipo della servetta maliziosa della Commedia dell’Arte e anche alcuni sviluppi della commedia sono espedienti tipici della tradizione (per esempio lo svenimento, il duello ecc), ci sono molti temi sviluppati in una maniera nuovissima.

Mirandolina, per esempio, non è solo un tipo, ma è una donna, e il suo personaggio può essere letto in tanti modi: come eterno feminino, cioè la donna inarrivabile, seduttrice…oppure come esempio di egoismo: lei vuole sedurre il cavaliere per dimostrare qualcosa a se stessa, per puro amor proprio.

Così il Marchese e il Conte rappresentano due tipi di uomo molto vicini alla realtà dell’epoca: da una parte il nobile decaduto, che difende a tutti i costi l’onore della sua classe, perché è l’unica cosa che gli è rimasta; il conte, a sua volta, è nobile solo per i soldi che ha, ma è a tutti gli effetti un borghese, e lo dimostra parlando delle sue ricchezze, vantandosene. Il Cavaliere, a sua volta, rappresenta il misogino, ma anche l’altezzosistà della classe nobiliare, che disprezza Mirandolina non solo come donna, ma come rappresentante della classe mercantile.

La commedia è in definitiva la rappresentazione dell’egoismo in tutte le sue forme, proprio perché il tipo dell’egoista, così come quello dell’avaro, del geloso, del burbero, può produrre esiti differenti a seconda del personaggio che lo esemplifica.

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2 commenti

Bengisu Scritto il10:05 am - Gennaio 25, 2022

Brava,saranno come un’antologia per me i tuoi podcast.Complimenti ! Grazie

Svetlana Grigoreva Scritto il8:30 pm - Febbraio 7, 2022

Grazie per averci spiegato cos’è la commedia artistica e per averci presentato a Goldoni. Tutti i fatti all suo posto. Complimenti!

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